Villino Giacobazzi | Modena | 1998-2000

 
 
 

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Il villino, ora denominato “Villino Giacobazzi”, è ubicato nella prima fascia di espansione periferica esterna al perimetro del Centro Storico.
Il fabbricato venne costruito nel periodo intercorso fra il 1914 ed il 1925 dall’ing. Emilio Giorgi per la signora Margherita Malavasi-Ansaloni come attesta la copia del progetto originale.
Il fabbricato ha subito a fine XX secolo un intervento di recupero e riqualificazione tipologica che ha conservato integralmente i tratti stilistici e compositivi originari mantenendo inalterate nel tempo sia la distribuzione interna degli alloggi che delle parti comuni.
La tipologia edilizia risponde ai requisiti peculiari delle costruzioni dell’epoca ed è caratterizzata da un fabbricato isolato, posto all’interno di un lotto, circondato su tutti i lati da area adibita a giardino e dotato di sei appartamenti distribuiti su tre piani, e di servizi alla residenza ubicati al piano seminterrato (cantine) e al piano della soffitta. L’impianto tipologico interno è organizzato intorno ad un ingresso centrale ubicato sul fronte principale a Sud e ad un vano scala, che conduce ai vari livelli posto sul retro del fabbricato, in asse con l’ingresso. Da qui si accede ai vari alloggi, due per ogni livello, distribuiti simmetricamente rispetto alla spina centrale Nord-Sud.
Trattasi di una tipologia che si accosta sensibilmente a quella del villino mono-familiare o bi-familiare, tipica dell’area di espansione della prima fascia periferica, immediatamente a ridosso del Centro Storico e che contraddistingue anche i principali insediamenti posti lungo viale G. Moreali.
Nei primi decenni del ‘900 l’abbattimento della cinta muraria modenese e la sistemazione dei terreni circostanti in funzione edilizia contribuiscono alla definizione di lotti ricavati da un reticolo viario di assi che si intersecano ortogonalmente, concepita nel rispetto di criteri di ordine estetico ed igienico.
Particolare importanza viene attribuita agli spazi verdi, che contribuiscono al decoro delle città ed alla dotazione di giardini privati per le residenze, che si trasformano tipologicamente dalla casa in linea al villino di abitazione mono e bi-familiare.
Così prendono forma gli isolati a maglia ortogonale separati da viali alberati, i villini unifamiliari o privati per la piccola e media borghesia, le ville signorili di architettura eclettica e dai grandi giardini: “…soprattutto nelle fascie di prima espansione a Sud e ad Ovest, l’abitazione -il villino, o “chalet”- sorgerà isolato all’interno del lotto, arretrata rispetto ai fronti stradali e attorniata su tutti i lati da ritagli di terreno coltivati a giardino.” (“Natura e Cultura Urbana a Modena”, Ed. Panini).
Pertanto il fabbricato in oggetto sintetizza la tipologia del villino unifamiliare con quella plurifamiliare, rimanendo fedele, nella definizione stilistica esterna, all’architettura eclettica tipica dell’epoca e dei villini borghesi dei dintorni.
Nella ripartizione delle facciate esterne possiamo leggere la suddivisione in: Piano rialzato trattato a finto bugnato; “Piano nobile” (1° livello) contraddistinto da un’altezza dei soffitti superiore ai rimanenti livelli, dal balcone centrale sul fronte principale e dalle finestre arricchite dal coronamento ad arco; Ultimo piano con superficie di mattoni a facciavista come il sottostante ma impreziosito da un fregio ricco di decori pittorici su intonaco che funge da coronamento a tutto l’edificio e da una raffinata loggetta scandita in cinque archi a tutto sesto sostenuti da esili pilastri di sapore neo rinascimentale.
Pertanto, ad una lettura stilistica tipologica dei fronti esterni, notiamo come il fabbricato non voglia connotare un trattamento indifferente degli ordini ai vari livelli (tipico di un impianto condominiale) ma sia fortemente ancorato ad una diversificazione stilistica ai vari piani come denuncia di una destinazione interna differenziata (tipica del villino borghese).
Passando ora ad una analisi puramente stilistica dei fronti possiamo notare che nonostante il carattere espressamente eclettico dell’epoca, sottolineato dalla coesistenza di varie citazioni stilistiche presenti sia nei tratti architettonici dei marcapiani, degli architravi, delle mensole, delle finestrature, del cornicione che nei decori pittorici esterni e rinvenuti nel vano scala interno, il fabbricato presenti un aspetto del tutto singolare rispetto ai caratteri tipici dei villini ad esso coevi.
Si noti infatti la continua presenza (leggibile sia nei tratti architettonici che in quelli pittorici) di fonti risalenti al centro Italia abbinati ad altri (diametralmente opposti) di natura oserei dire mitteleuropea (o di lontano richiamo al gusto della Secessione Viennese).
Infatti accanto alla loggetta che ci ricorda i soleggiati villini neorinascimentali Fiorentini (succedutisi agli interventi del Poggi) scorgiamo delle decorazioni a losanghe rigidamente definite nelle loro austere geometrie tricromatiche che accostano un blu di Prussia, all’avorio e al rosso mattone, le quali contrastano l’armonia tondeggiante delle cinque arcatelle che si succedono nelle loro aggraziate proporzioni. Viceversa l’ordine sottostante appare più “Nordico”, gli scudi dipinti sui tamponamenti semicircolari originari che si trovano sotto gli archi che coronano le finestrature del piano nobile richiamano un gusto “lombardo”. Al contempo sono sormontati da archi che si presentano a tutto sesto nel loro intradosso e ad ogiva nell’estradosso. Anche in questo caso sembra si voglia “ingentilire”, con la loro forma a tutto sesto, un gusto che richiamerebbe lo “Stile Ludwig” d’oltralpe. Nel ritmo di cadenze e di contrasti potremmo leggere anche le ricche decorazioni pittoriche poste sotto il cornicione e protette dall’aggetto della falda lignea di copertura. Esse, pur conservando i colori “cupi” ed intensi tipici del fabbricato, alternano disegni geometrici rigidi e definiti alle libere forme dei festoni di frutta e fiori tipici del gusto floreale del breve periodo che ha contraddistinto il “liberty” in Italia.
Allo stesso modo, di gusto quasi “secessionista” o tipico decò, troviamo i disegni degli affreschi del vano scala interno: essi racchiudono nella maglia di precise geometrie tratti di riferimenti fitomorfici, in una cadenza di nuovi colori, estranei alle cromie dei fronti esterni, che vanno dal verde al grigio al color “vinaccia”. La scala interna conserva ancora le originarie pedate in pietra di Varana ed il parapetto in maglia di ferro elettrosaldato ingentilito dalla presenza di fiorellini con petali di metallo che ritroviamo identici nel balcone Sud al piano nobile.
Mentre ad un’analisi distributiva e di carattere architettonico notiamo come prevalga lo schema “neorinascimentale” sottolineato dall’asse centrale delle scale, del portone d’ingresso, del balcone e della loggia, rispetto ad uno schema eccentrico con torretta e sbalzi di quota in copertura tipiche di un impianto “neoromanico” (vedi schema allegato).
Curioso è l’inserimento del mattone a facciavista sopra allo zoccolo in finto bugnato che contrasta con la consuetudine del paramento murario intonacato propria dello stile neorinascimentale. Pertanto anche qui si vuole sottolineare il gusto del contrasto e dell’eclettismo come vera appartenenza stilistica.
Sottolineerei un altro aspetto compositivo che differenzia questo fabbricato da quelli a lui coevi ed è la cosiddetta “architettura di facciata”. Tipico dei palazzi che si affacciavano su un importante viale e che non avevano una lettura su tutti i lati, anche questo villino presenta una cura nei decori pittorici, nel trattamento delle arcate sulle finestre, nei capitelli ecc. solo sul fronte a sud e sui due fianchi ad est e ovest (visibili da chi percorre viale Moreali) mentre il fronte a nord, retrostante, era estremamente trascurato, oltre il risvolto d’angolo dei marcapiani e cornicioni, ed aveva carattere di fronte interno e quindi di valore secondario.
In esso si interrompono bruscamente tutte le decorazioni e i fregi dei tre principali prospetti.
Ritornando al gusto eclettico dell’epoca sottolineerei come questo affiori anche nella scelta delle alberature originarie dell’area cortiliva accanto alla palma a sud di gusto esotico, troviamo la conifera, il platano e il…. che ricordano i tipici giardini formatisi dopo l’abbattimento delle mura nella prima fascia di espansione periferica Modenese (viale Moreali, via Malmusi, via Vedriani ecc.). L’intervento di ristrutturazione e ricomposizione tipologica, progettato dall’arch. Giacobazzi Silvia nel 1997, ha introdotto un modesto ampliamento sul fronte retrostante conservando l’impianto originario sottolineato da una zona porticata al piano terreno che consente la lettura delle finestrature del portone d’ingresso e della sagoma a T della pianta del progetto d’origine dell’ing. Giorgi.
“La scelta progettuale della “zona porticata” sul retro al piano terreno è stata suggerita dalle seguenti riflessioni (scrive l’arch. Giacobazzi nella relazione tecnica):
- è l’elemento di filtro, “trasparente”, della zona ampliata consentendo la visione dell’ingresso e del perimetro del fabbricato preesistenti all’intervento di ampliamento.
- consente un rapporto con l’area cortiliva, espressione tipica della tipologia del villino, dove la “scatola muraria chiusa” peculiare del fabbricato costruito lungo il perimetro dell’isolato, si articola e si frantuma in logge, balconi, scalette esterne, zone porticate, elementi in aggetto rispetto al perimetro del fabbricato (piante a “T” a “L” a “C”) proprio per sottolineare un nuovo rapporto di “reciprocità” fra il fabbricato e il giardino circostante.
- la ritroviamo in altri fabbricati costruiti in epoca coeva a quello oggetto di intervento coma da indicazione fotografica allegata.
Il progetto di recupero ha, inoltre, valorizzato ed integrato all’area cortiliva, attraverso l’introduzione di un basso servizio adibito a giardino d’inverno con vetrate “quadrettate” da telai in ferro, l’antica dépendance coeva al fabbricato principale, conservandone il coronamento smerlato in legno dell’aggetto di gronda, la scaletta esterna e la magnolia secolare.

 
 
 
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