Villa Buonafonte | Modena | 2005

 
 
 

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Il complesso di “Villa Buonafonte” o Villa Bentivoglio (conosciuta generalmente come “Villa delle cento finestre”) risale alla prima metà del Settecento, come si evince dalle rappresentazioni cartografiche, pur se solo allusive, e dal disegno tipico delle planimetrie dell’epoca.
Nello stesso sito però si rinviene, (antecedente a tale data dalle piante del Boccabadati elaborate nel 1687), la presenza di un fabbricato di una “certa importanza” raffigurato con corpo centrale basso e torri angolari dal carattere difensivo.
L’impianto che caratterizza gli edifici attuali ricalca viceversa le raffigurazioni delle carte del 1779 e della pianta attribuibile all’agrimensore G. Roncaglia risalente al 1790-1820 da cui si rileva la presenza di un corpo centrale di ampie dimensioni affiancato da due fabbricati di servizio collegati da muri di cinta.
Il complesso era delimitato a nord, est e ovest da un fossato denominato “Peschiera”, il quale prendeva le acque dal Diamante e scaricava nel Tiepido. Sulla destra c’era la Molinazza, un’opera idraulica che, quando passava l’acqua del Diamante, alzava il livello con una ruota a contenitori e portava l’afflusso alla Peschiera e ai fossi, poiché vi era una fitta canalizzazione. Perseguendo il carattere scenografico tipico della cultura settecentesca, dietro ai corpi di fabbrica, a mo’ di fondale prospettico, si era creato un folto Parco, ora conservato solo parzialmente, strutturato secondo il modello “all’inglese”, con labirinti di siepi, una “casa dei cervi” e un laghetto. Dalla via Vignolese si accedeva al complesso mediante un cancello in ferro battuto di pregevole fattura, ora mancante perché recentemente sottratto, che era sostenuto da due tipiche colonne murarie a base circolare, a paramento bugnato, sormontate da un elegante coronamento a pigna.
Oltrepassato il cancello, si accedeva ai fabbricati lungo l’attuale viale d’ingresso (originariamente più ampio e alberato) avente uno sviluppo di circa 140 metri, che separava baricentricamente un vasto prato, delimitato lungo gli estremi est ed ovest da due filari di pioppi secolari.
L’effetto visivo ed il fascino del manufatto storico risultano immediati per l’armonico inserimento nel paesaggio agrario, per la sua organizzazione volumetrica nonchè scenografica.
Il volume della massa boschiva a nord, retrostante i fabbricati cui fa da fondale, completa una veduta prospettica che conferisce alla villa una maestosità superiore alla dimensione reale.
Unitamente ad alcuni accorgimenti sapienti, quali l’adeguata distanza tra strada e villa, la veduta non solo frontale ma angolata su due lati grazie alla curva della strada, conferiscono al complesso una maestosità ed una cadenza di grande impatto ambientale.
Una “maestosità” che forse è riflessa nello stesso termine popolare con la quale viene nominata, “casa dalle cento finestre”, come a sottolineare una dimensione non ordinaria ed astratta.
L’impianto è a tutt’oggi ancora leggibile grazie alla non compromissione e ad una adeguata conservazione dello scenario agricolo circostante.
Cerchiamo ora di analizzare attraverso un esame stilistico-costruttivo il succedersi degli interventi sui fabbricati che hanno contraddistinto le proprietà nobiliari, dapprima Molza, poi Boschetti Bertolini Castaldi e in seguito Bentivoglio, fino all’attuale intervento di restauro ancora in corso di esecuzione.
L’edificio attuale, ascrivibile, in base agli elementi stilistici, ai primi del XIX secolo, ricalca sostanzialmente un analogo nucleo edilizio riferibile al neoclassicismo settecentesco e, inglobandolo, lo amplia.
D’altronde, anche in base all’analisi morfologica, si evidenziano incertezze e contraddizioni strutturali, come ad esempio al piano nobile, dove le volte negli ambienti centrali sono ribassate, in falso, da calotte in cannucciato; ciò fa pensare a riprese e rifacimenti operati su un primitivo impianto settecentesco.
I caratteri salienti del corpo centrale, quindi, sono probabilmente riferibili alla stagione più matura del neoclassicismo, e cioè ai primi del XIX secolo.
L’edificio principale si raccorda, tramite due muri curvilinei, su cui si aprono i cancelli di collegamento col parco retrostante, con due edifici laterali simmetrici, realizzando una continuità fondale a emiciclo, che imprime all’organismo il carattere scenografico tipico della cultura del settecento.
La villa con seminterrato, piano nobile e piano secondo, presenta un primo ordine di finestre architravate decorate con modanature aggettanti; al centro del prospetto principale è posto un sobrio portale con architrave fiancheggiato da lesene, cui si accede da due rampe di scale simmetriche semiellittiche in marmo veneto.
Sul retro un altro portale ad arco è collegato a terra da due rampe sghembe di scale sempre rivestite in marmo.
Nelle pareti laterali si aprono trifore architravate filtranti la luce naturale in due verande simmetriche. All’interno l’impianto distributivo della villa si organizza attorno al salone centrale quadrangolare di ampie dimensioni (ml 9.10 circa per lato, h ml 10.60 circa fino alla chiave di volta ribassata), a doppia altezza, percorso da un ballatoio ottagonale, voltato e decorato con tempere monocromatiche a soggetti classici.
Le due dipendenze laterali, con piano terreno e primo piano, presentano entrambe, nel prospetto opposto a quello ricurvo verso la villa, un porticato sorretto da pilastri.
Nell’edificio di sinistra (a ovest) è presente la cappella gentilizia, interamente affrescata, dotata di altare in legno con decori pittorici. Il fabbricato inoltre ospitava l’abitazione dei dipendenti e dei bassi servizi, mentre l’edificio di destra (est) ospitava la scuderia, il fienile, e alcuni spazi destinati a deposito.
Tutte le fabbriche, compreso il muro di raccordo, presentano un basamento trattato a bugnato liscio che sottolinea ulteriormente la continuità del complesso.
La qualità architettonica dei singoli corpi varia sensibilmente. Va rilevato comunque che in essi, alla suggestione dell’immagine esterna d’insieme (villa, raccordo curvilineo con i fronti delle dépendances e parco), non corrisponde un’adeguata accuratezza di esecuzione e dei dettagli interni, con la sola esclusione dell’intero piano nobile del corpo centrale e della cappella privata nell’ala ovest.
Tale “economicità” nell’esecuzione (gli stessi spessori delle murature portanti risultano esigui se raffrontati alle consuetudini costruttive dell’epoca) è giustificata forse dalla destinazione del bene, essenzialmente estivo, “casino di campagna”, come appunto indicano le carte catastali più antiche.
Il tema dei decori, viceversa, merita una trattazione approfondita, sia per la sua qualità pittorica che per il sostanziale e generalizzato stato di buona conservazione.
Nel corpo centrale le decorazioni di pregio sono presenti in quattro locali al piano terreno, in tutto il piano nobile ed in tre locali al secondo piano. Al piano terreno troviamo decorazioni a “rocailles” e a finto pergolato ed una stanza interamente voltata con pitture risalenti al 1870/80, che ricordano lo stile romantico ottocentesco e raggiungono una forte suggestione scenografica.
La struttura è stata privata della sua linearità per richiamare la forma più “avvolgente” dei conci dei mattoni e dei sassi. Sulle pareti sono presenti delle vedute romantiche teatrali che fanno da sfondo.
Anche le stanze adiacenti presentano stili eclettici tardo-ottocenteschi richiamanti altri luoghi di matrice orientale proprio secondo il gusto esotico dell’epoca.
I soffitti cistellati, i drappeggi alle pareti dalle cromie brillanti, gli archi con i “conci” bizantini, richiamano l’atmosfera turca.
Mentre il piano nobile della villa è quasi interamente affrescato sia lungo i paramenti murari che nei soffitti voltati, le decorazioni sono autentiche e non ci sono interventi posteriori di decorazioni in stile.
Quasi tutta la pavimentazione del piano nobile è in autentico battuto veneziano che si presenta in ottimo stato di conservazione con stupende policromie e disegni in tonalità distribuiti lungo il perimetro dei locali.
Per le pitture il gusto varia dalle decorazioni in stile neoclassico, ai motivi pompeiani, agli orientalismi.
Analizziamo ora alcuni fra i locali più interessanti del piano nobile sotto il profilo pittorico.
Nell’ingresso prospiciente il giardino sul retro le decorazioni sono in stile neoclassico risalente al 1830/40 circa. Esso è decorato a “grottesche” consoni alla tradizione locale che prevedeva per le stanze ed i portici affacciantesi sui giardini e sulle scale d’accesso decorazioni richiamanti elementi naturali.
Lo stile classico è delineato dalle figure allegoriche ai quattro angoli e dalla raffigurazione di una divinità generica al centro.
La stessa ampia loggia dell’ingresso a sud, ad estensione trasversale, diametralmente opposta alla summenzionata, poiché connette il salone centrale allo scalone curvilineo, è decorata con mirabili motivi pompeiani a “grottesche”.
Nel salone centrale a doppio volume, la decorazione è neoclassica a chiaro scuro, risalente al 1830/40.
Al centro sono presenti scene di divinità elleniche a colori, mentre tutto il resto è a chiaro scuro. Alle pareti sovrastanti le porte, sono presenti divinità greche raffiguranti le stagioni.
Il tema ricorrente è quello della terra, con riferimenti all’autunno, alla primavera, all’inverno, al vino; sono presenti decorazioni rappresentanti scene con Cerbero, Bacco, Zeus.
Il soffitto della stanza non è a struttura a volta in laterizio, ma in arellato, fissato ad un ingegneristico sistema di centinatura sovrastante in legno. Nella stanza nr.11, sempre adibita ai ricevimenti, decori neoclassici a “grottesche” contornano le figure allegoriche dipinte al centro.
La zona formata dalle stanze ubicate a sud, a fianco dell’ingresso principale, risulta essere la più importante e la più rappresentativa; probabilmente veniva utilizzata come spazio di ricevimento e di intrattenimento degli ospiti, mentre la parte retrostante era adibita a camere da letto. Tale deduzione la si può evincere dalla differente cifra stilistica: nella prima la qualità pittorica è notevolmente superiore rispetto all’altra.
Nell’angolo sud-ovest troviamo un locale particolarmente curato, di piccole dimensioni, a decori neoclassici, richiamante i vasi (graffiti) etruschi e greci a fondo nero.
Nonostante il vaso di per sé richiami l’idea del contenitore di acqua, che può far supporre un ottimo tema per una stanza da bagno, date anche le pareti di stucco realizzate a splendida imitazione del marmo (lo stato di conservazione è tuttora ottimo), si ha dall’Ottocento testimonianza che l’ambiente abbia costituito almeno da allora un ulteriore salottino, di genere più raccolto e intimo, più “confiance”, per quanto continuasse la sequenza dei salotti adiacenti. Evidentemente voleva richiamare il genere dei piccoli salotti “preziosi” già di moda nel Settecento, come quelli assai famosi dei palazzi ducali di Modena (Salottino d’Oro) o di Colorno (Salottino Cinese).

 
 
 
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